IL CENINO.

 Era l’ultimo giorno di scuola al “D’Aze”… un milione di ragazzetti fuori a intasare la via tra un gavettone e l’altro – e beati coloro che si ricordano la Capella (la vicepreside) che vaga in precario equilibrio sulle stampelle cercando di mantenere l’ordine. O forse era l’anno prima ?  chi lo sa ? I ricordi sono confusi…

Ci si salutava tutti, parlando della matura in arrivo e dei progetti per le vacanze. “Io vado a Nizza, se vuoi passa a trovarmi quando vuoi, mi fa piacere!”, mi fa il Formica. Mah. Premesso che io e Gio ci conoscevamo, ci salutavamo allegramente senza esserci mai davvero frequentati, “siiicuro!”, penso io, “classica frase da torinese finto”, direi ora. Senonché intervengono due fattori: il primo il mio essere un gran cafone privo talvolta di dignità; il secondo… Gio è napoletano.

Dunque dopo essere stato in tenda in Spagna un paio di settimane ho la geniale idea, invece di tornare fino ad Alassio – che è uno sbatti allucinante - , di fare tappa un poco a Nizza, che è più vicino. Eh eh! Telefono quindi a Gio e lui mi dice che non c’è problema; un grande !

A parte il fatto che io arrivo poi una mattina a Nizza tipo alle 9, rasato puzzolente e vagamente stanco (e particolare deprecabile che qui riporto con vergogna, in braghe corte e  Dr Marten’s, ammesso che si scriva così), chiamo Gio, e lui mi risponde che è ancora non so dove, credo a St. Raphael, e stava dormendo.

Vabbeh…

Inizia così la mia amicizia con Giorgio.

Scopriamo che faremo entrambi legge, ci ripromettiamo di sentirci e, ingenuamente, peraltro, firmiamo la nostra condanna a passare all’università un sette anni buoni. “Ma siamo sicuri di andare a darlo st’esame?”, dice lui in macchina sulla strada per Palazzo Nuovo; “Mah, boh, anche no”, dico io.

“Vabbeh, Museo del cinema?”, propone, “Massì”, rispondo.

Voto: 4, opachi. 6 politico per l’idea.

Da allora ce ne sarebbero di cose da raccontare … ma è un’altra storia.

Il Cenino, con la maiuscola, mi raccomando.

Cosa dire, sono abbastanza imbarazzato.

Il fatto è che io sono, caratterialmente, molto meno espansivo di Giorgio, e soprattutto meno espansivo di quanto Gio mi (ci) vorrebbe in materia di Cenino. In realtà pian pianino ci arrivo. Tanto per dirne una, sono sicuro che Gio avesse rinunciato ormai da tempo a queste mie righe – che mi aveva chiesto giusto qualche mese fa, tra l’altro.

Il Cenino non è, o quanto meno non vuole e non dovrebbe essere, per quelli di noi che ci pensano un poco, una festa di 300 stronzi (non spartani tuttavia, come si potrebbe pensare) organizzata come fosse un matrimonio siciliano con nani e ballerine - senza offesa, ci mancherebbe, per i nani e le ballerine - da un pazzo ridanciano stranamente abbigliato con giacche di un paio di taglie più piccole che inventa ogni anno nuove e stravaganti follie apparentemente prive di senso alcuno.

NB: Gio, leggendo queste righe, in questo momento sta pensando: “Si vabbeh ! ma Meduri la smette ?!? Si vestirà bene lui, con le sue scarpette da fighetto e la sua camicina !!!”

Ciao Gio !

 Si diceva: non è questo. E allora cosa ?

Vi dirò cos’è per me.

Il Cenino è l’espressione di quanto io stimo e invidio in Giorgio. L’organizzazione maniacale, il tempo speso a pensare a quelle piccole cose che “aizzano”, l’attenzione per ogni aspetto della cena. E pazienza se, programmando gli esami: “Eh, poi l’appello di marzo figurati, con il Cenino è impossibile !” dice lui.

Trovare una frase, disegnare uno striscione, scervellarsi per ore per rendere ogni anno il cenino nuovo e più grande.

Non è mania di grandezza, non solo, almeno. (Ciao Gio!).

Giorgio è riuscito in questi ormai 10 anni, a fare una cosa rara. Il Cenino è quanto tanti di noi hanno magari pensato di fare, almeno una volta. E poi non hanno fatto. Il Cenino è avere il coraggio di scrivere una frase stupida su una maglietta, e farne 200 copie. Di fare l’adesivo, il cd, lo striscione, salire sul palco e suonare in Giorgio’s mind, o Siam sempre Noi che ti immagini tutti pensare “Ma che è sta roba?”. Ho anche pensato che il Cenino fosse una specie di grande Carnevale, ma per quanto un po’ lo sia non è solo questo.

Il trucco sta nel momento in cui urli l’inno italiano in piedi su una sedia quando non hai ancora la scusa dell’alcol e riesci a non vergognarti, semplicemente non te ne frega nulla.

Il Cenino, se vissuto, e non sempre è facile, è il momento in cui ti liberi.

La liberazione.

La libertà di vivere una serata diversa, per ciò stesso un po’ fuori da quella convenzionalità che ci attanaglia continuamente.

Per me il Cenino, come credo lo intenda anche il mio amico Gio,  è essere ebbri senza aver bevuto, di quell’ubriachezza vitale che è un po’ il simbolo di questa notte di maggio.

Essere tra amici con cui non c’è motivo di essere niente di diverso da quello che sei.

Sapendo che ti vogliono bene per quello.

 Buon X Cenino a tutti !

 

Luca.

(20/04/2007)